Guardia
Guardia Piemontese, Un'isola linguistica occitana
Guardia Piemontese
La lingua è un fatto sociale ed essa contribuisce in maniera non indifferente all’identificazione di una comunità. Perciò l’occitano parlato a Guardia Piemontese contribuisce a distinguere la sua comunità rispetto al contesto circostante in cui è parlata la lingua italiana e un po’ il dialetto calabrese.
Ciò però non significa che a Guardia non sia in uso il dialetto e ovviamente l’Italiano (come mai potrebbe ai giorni nostri?), ma più semplicemente gli abitanti sono soliti utilizzare lingue diverse in base ai contesti.
Questa realtà risulta essere tanto semplice quanto complessa.
Guardia è stata fondata dai valdesi che parlavano la lingua occitana, molto diffusa in epoca medievale. Provenendo dal Piemonte (e ancor prima dalla Francia) i valdesi avevano anche una cultura, una religione e tradizioni diverse rispetto al popolo calabrese e ciò contribuì nei secoli al mantenimento della lingua almeno tra le mura del paese. La lingua è infatti un fattore identitario.
Ovviamente i suoi abitanti non potevano non entrare in contatto anche con le comunità calabresi parlanti il volgare locale e così inevitabilmente alcuni termini sono entrati a far parte del vocabolario Guardiolo (magari adattati nella pronuncia) cosicché nel tempo il Guardiolo si differenziò anche rispetto all’occitano originale parlato dai valdesi delle valli in Piemonte.
È un fatto naturale, qualsiasi lingua non resta mai immuta nel tempo, specialmente quando essa viene in contatto con altre lingue. Anzi, deve sorprendere come il Guardiolo (parlato da una piccolissima comunità) abbia resistito per così tanti secoli.
Proviamo a descrivere ora in modo più preciso la situazione sociolinguistica di Guardia, suddividendo gli abitanti in tre gruppi in base all’età.
Il primo è composto da persone di età adulta (dai 60 anni in su) le quali sono nate in un periodo meno mediatico di oggi, molti di loro, specialmente gli over 70 hanno frequentato poco (o nulla) le scuole e hanno avuto anche meno contatti con le realtà esterne (ad eccezione di chi emigrò). Essi, come li definisce la linguista Irene Micari, possono essere considerati gli Alfieri della lingua guardiola perché la struttura morfosintattica e la struttura fonetica del loro linguaggio non sembrano risentire dell’influenza dell’Italiano e del dialetto calabrese.
Un po’ diversa la situazione dei guardioli che hanno una età tra 30 e i 60 anni, tutti loro hanno frequentato le scuole e sono nati e cresciuti, specialmente i più giovani, in un contesto moderno e massmediatico. Svolgono quasi tutti dei lavori che li portano fuori le “mura” del paese e da sempre utilizzano lingue diverse in momenti e occasioni diverse. Utilizzano prevalentemente l’occitano in famiglia e nel paese, misto a parole in dialetto calabrese o italiane, l’italiano sul posto di lavoro, mentre ricorrono più spesso al dialetto calabrese in contesti informali fuori dal paese. Questo gruppo possiede una buona padronanza della lingua guardiola, anche se non è raro che alcuni termini più arcaici vengano sostituiti con parole prese in prestito dal dialetto calabro.
Il terzo e ultimo gruppo è quello dei più giovani in cui si assiste alla maggiore erosine della lingua a favore dell’italiano. Gli appartenenti a questo gruppo presi nel loro insieme si caratterizzano per essere dei parlanti imperfetti o semi – speaker come li definisce Irene Micari. Ma del resto è anche naturale che le fasce più giovani, nate in un’epoca totalmente mediatica e con un grado di apertura sul mondo maggiore rispetto alle generazioni precedenti, scelgano di utilizzare la lingua che favorisce maggiormente le relazioni con l’esterno. L’italiano. Se così non fosse, ancora oggi vedremmo un paese chiuso e incapace di relazionarsi con la realtà non solo circostante ma nazionale e internazionale. Anzi, è proprio grazie a questa apertura verso il mondo esterno che il patrimonio linguistico di Guardia è stato riscoperto e viene oggi tutelato e salvaguardato.
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Quando vi perseguitano in una città,
Gesù ai suoi discepoli
fuggite in un’altra -
«Da parte della Chiesa Cattolica vi chiedo perdono. Vi chiedo perdono per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani che, nella storia, abbiamo avuto contro di voi. In nome del Signore Gesù Cristo, perdonateci!»
Papa Francesco -
«chi vi ha autorizzati a predicare? » – chiedono le autorità religiose, – « il Signore» rispondono i “Poveri”.
Giorgio Tourn: Valdo e la protesta Valdese
È possibile che il Signore rivolga una vocazione di questo genere senza passare attraverso la gerarchia ecclesiastica? «Certamente» dicono loro « No » dice la Chiesa ufficiale e la sua reazione doveva, nel volgere di pochi anni, condurre i poveri di Cristo, i soci di Valdo a diventare i « valdenses », gli eretici.
<< Le colonie calabro-valdesi si costruirono coll’apporto di nuclei provenienti, come suggeriscono i cognomi, da zone geografiche diverse e che la parlata di Guardia, in conformità con questa situazione e come anche suggeriscono i fatti linguistici, è il risultato di una mescolanza di più varietà di occitano alla quale, aggiungerei, non è forse estraneo neppure il fatto che qui, dopo i massacri, si concentrassero (se la notizia è esatta) anche coloni venuti da altri borghi, ai quali potrebbe essere fatta risalire la stessa divisione di Guardia in settori linguisticamente differenziati (Manquë; San Doumèniquë; Pourtéllë) delle cui peculiarità si conserva ancora qualche traccia >>. (Genre, 1988)