LA RIFORMA PROTESTANTE

L'adesione alla riforma protestante

I valdesi e la riforma protestante.

La principale motivazione che scatenò l’avversione della Chiesa Cattolica contro i Valdesi consisteva nel fatto che essi (i valdesi) si ostinavano a predicare in pubblico nonostante fossero dei laici (Pietro Valdo stesso era un laico). Così nel 1215 il Concilio Lateranense IV lanciò un nuovo anatema contro i Catari e i Valdesi e quando si concluse la crociata contro i Catari, la Chiesa rivolse le sue attenzioni contro i valdesi che furono costretti ad operare, da questo punto in poi, sempre più di nascosto.

Per evitare di attirare su di loro le attenzioni accettarono di conformarsi (esteriormente) al cattolicesimo, partecipavano alle messe, molti si confessavano, ma tra loro mantenevano riti, abitudini e pratiche che permisero al movimento di non scomparire nonostante le difficoltà e il clima inquisitorio.Un ruolo fondamentale che contribuì a mantenere unite le comunità venne svolto dai “Barba”, predicatori itineranti istruiti e addestrati, che avevano il compito di far visita alle famiglie valdesi leggendo e interpretando i passi della Bibbia.

A questo punto è importante far notare che i valdesi tradussero la Bibbia dal Latino alla Lingua D’oc (Occitano) per renderla più semplice, fruibile e comprensibile a tutti, pratica che però la Chiesa non accettava e che quindi doveva essere svolta in gran segreto. Ma il tempo in cui i Valdesi vivevano in segretezza stava per terminare, anche se ciò non vuol dire che terminarono le persecuzioni nei loro confronti anzi, probabilmente si acuirono.

Questa nuova fase della storia ebbe inizio il 31 ottobre 1517, quando il riformatore Martin Lutero affisse le famose 95 tesi sul portone della Cattedrale di Wittenberg in Germania come forma di protesta contro la Chiesa. È a questa data che viene fatta risalire la nascita del movimento protestante, al quale nel 1532 aderì anche la comunità valdese. La decisione venne presa dopo un consiglio dei “Barba” (predicatori itineranti) provenienti da Piemonte, Calabria e Provenza e tenutosi a Chanforan (To).

L’adesione al movimento protestante permise ai valdesi di non rimanere nel loro isolamento, ma ciò fu causa di nuove e cruente persecuzioni nei loro confronti.

Nel 1545 a Lubéron in Provenza l’esercito Francese assediò per una settimana le comunità valdesi. Le leggi prevedevano infatti che la religione del sovrano fosse anche quella dei sudditi ed essendo i sovrani di Francia e Piemonte cattolici in quei territori era possibile professare solo il cattolicesimo romano. Contrapponendosi alle leggi dell’epoca i valdesi rivendicarono con forza il diritto di libertà religiosa rifiutando l’abiura e ricorrendo anche alle armi per difendersi dalle persecuzioni riuscendo nel 1561 a ottenere la libertà di culto in un'area ben definita delle Alpi Cozie, al confine tra Francia e Italia.

Tuttavia sia la Francia che il Governo Sabaudo non avevano intenzione di perdere il controllo su quell’area geografica. Ne è un tragico esempio il massacro conosciuto come le Pasque Piemontesi avvenuto nel 1655 ad opera del Ducato di Savoia. L’eccidio scateno le reazioni diplomatiche di alcune potenze europee. Inghilterra, Olanda e Svizzera diedero il loro appoggio alle comunità valdesi e fu anche grazie al loro intervento che si arrivò alla Pace di Pinerolo del 18 Agosto 1655. La pace restituiva ai valdesi la libertà di commerciare nell’area piemontese e di vivere entro i limiti di tolleranza. Questo non impedì però il perpetuarsi di maltrattamenti e vessazioni.

Nonostante la pace di Pinerolo, le condizioni sociali in cui era costretta a vivere la comunità valdese non erano certamente idilliache. Una nuova repressione era alle porte e trovò giustificazione a partire dal 1685 quando Luigi XIV Re di Francia vietò a tutti i protestanti la professione della fede attraverso l’editto di Fontainebleau. È come se la storia invece di andare avanti, ad un tratto fece un balzo indietro. L’editto di Fontainebleau revocò l’editto di Nantes del 1598 che permetteva una certa libertà di culto ai non cattolici.

Dell’editto ne approfittò Vittorio Amedeo II Duca di Savoia che impose la cessazione di tutte le manifestazioni pubbliche valdesi. Quest’atto, fu il presupposto per perpetuare nuove violenze ai loro danni e di fatto la comunità valdese venne quasi del tutto eliminata. Solo poche migliaia di persone riuscirono a rifugiarsi in Svizzera per rientrare dopo tre anni con una marcia conosciuta oggi con il nome di “Glorioso Rimpatrio”. Ma il ritorno non fu semplice e divenne una sorta di “riconquista territoriale” comunque limitata perché furono costretti a vivere in quello che venne poi soprannominato “Ghetto Alpino”.

La storia sarà ancora per lungo tempo ostile. Per tutto il XVIII secolo i valdesi dovettero vivere confinati in quegli antichi limiti territoriali fissati nel 1561 (anno delle persecuzioni contro i valdesi di Calabria) e solo nel 1848 con le “Lettere Patenti” alla comunità valdese vennero riconosciuti i diritti civili e politici.

La comunità Valdesi oggi