Il Guardiolo: la lingua
La lingua madre: l’occitano
La lingua occitana
L’Occitano o “lingua d’oc” come la definì dante Alighieri, è una lingua di derivazione neolatina molto diffusa nell’Europa medievale tanto che fu per uso la prima lingua letteraria del medioevo dopo il latino. Una testimonianza della sua diffusione è riscontrabile nella copiosa attività dei “troubadours”, poeti e musicisti medievali che cantavano di vicende legate alle gesta eroiche dei Cavalieri o dell’amore (anche adultero) per le dame.
Questa diffusione ebbe non poche ricadute anche sulla sfera religiosa del tempo, tra le prime traduzioni della Bibbia e dei vangeli dal latino al volgare si annoverano le versioni in lingua d’oc.
Pietro Valdo stesso, ispiratore del movimento valdese, si fece tradurre i testi sacri in volgare d’oc per consentirne una lettura personale, cosa molto rara e riservata a pochi, in quanto il latino era per eccellenza la lingua colta, parlata dal clero e spesso non compresa dalla gente comune. Ma la pratica di tradurre la bibbia in volgare, non era vista però di buon occhio dal Clero. Così nel 1229 il Sinodo di Tolosa indetto da Papa Gregorio IX, vietò la trascrizione dei testi sacri in volgare e soprattutto la loro lettura personale, questo doveva servire a scongiurare il rischio di interpretazioni diverse da quelle date dalla Chiesa di Roma.
L’uso che venne fatto della lingua, può aiutarci a comprendere anche le differenze tra il cattolicesimo Romano e il movimento valdese. Mentre la Chiesa Cattolica dell’epoca cercava di mantenere una egemonia e un controllo sui fedeli e continuava a usare strettamente il solo latino, che poteva essere letto e interpretato dal Clero, i valdesi professavano la volontà di una Chiesa povera, senza gerarchie. La rivoluzione portata dal valdismo, fu quella di invitare la gente a vivere una fede più autentica, ispirandosi direttamente al vangelo, ed è per questo motivo che era molto importante concedere ad ognuno la possibilità di leggere o quanto meno comprendere e interpretare i testi sacri in autonomia slegando le persone dalla dipendenza dal clero. Ciò che Valdo probabilmente intuì è che una lingua comune e molto diffusa anche tra il popolo, come l’occitano appunto, poteva contribuire fortemente alla divulgazione di un pensiero religioso nuovo.
Attualmente l’occitano è parlato da circa tre milioni di persone e nel tempo ha dato i confini ad una macro area europea che si estende a sud della Francia includendo aree del Piemonte e della Catalogna. Nel nostro paese sono 120 i comuni in cui si parla la lingua occitana, e si trovano nelle provincie di Torino, Cuneo e Imperia dove stando al Rapporto IRES n. 113, 2007, è conosciuto da poco meno del 50% della popolazione (circa 90.000 persone).
Nel sud Italia vi è poi l’isola linguistica occitana di Guardia Piemontese (sede del nostro Centro Culturale), fondato in epoca medievale (tra il XIII-XIV sec.) da comunità valdesi provenienti dal Piemonte.
Dal 1999 l’Italia ha riconosciuto l’occitano come una minoranza linguistica attraverso la legge 482.
Dante e l’occitano: il XXVI canto del purgatorio – Divina Commedia (stessa pagina)
Questi otto versi in lingua occitana sono stati scritti da Dante Alighieri per il ventiseiesimo canto del Purgatorio (Divina Commedia) e fatti recitare ad Arnaut Daniel, ritenuto da Dante un sommo poeta di Lingua D’oc.